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sera. Alle tre rientro alla U.B.I.A. per l entrata di servizio, e sbrigo la posta del
pomeriggio che è quasi solamente di stampe. Scegliere le dieci o dodici lettere richie-
de appena un quarto d ora di lavoro, dopo, non ho nemmeno bisogno di lavarmi le
mani, le scuoto dalla polvere solo, porto le lettere al portiere, lascio la ditta, salgo in
tram al Marienplatz, contento, al ritorno, di non dover ridere sulla battuta del generale
von Schlieffen.
Quando il tetto di tela scura di un camion che passa fa da sfondo alla finestra del
tram, vedo il mio viso: è disteso, il che significa pensieroso, quasi preoccupato, ma
godo di non dover mettere nessun altro viso perché nessuno dei passeggeri del
mattino ha già finito a quell ora. Scendo alla Roonstrasse, compro qualche panino
fresco, un pezzo di formaggio o del salume, caffè macinato e salgo nel mio piccolo
appartamento, le cui pareti sono coperte di grafici, di curve inquiete; fra le ascisse e le
ordinate colgo le linee di una febbre che sale sempre, nessuna delle mie curve si
abbassa, nessuna delle mie formule mi dà calma o tranquillità!
Lamentandomi sotto il peso della mia fantasia economica, metto in ordine il mio
regolo, i miei appunti, le matite, la carta, mentre l acqua per il caffè bolle ancora.
L arredamento del mio appartamento è sobrio, assomiglia quasi più a quello di un
laboratorio. Bevo il caffè in piedi, mangio in fretta un panino imbottito, non sono più
il gaudente che ero a mezzogiorno. Mi lavo le mani, accendo una sigaretta e poi
faccio funzionare il cronometro ed apro il pacchetto col sedativo che ho comprato la
mattina durante il giro per la città; carta esterna, involucro di cellofan, scatola, carta
interna, le istruzioni per l uso tenute ferme da un elastico: trentasette secondi. Il
consumo di nervi che mi costa aprire il pacchetto è più grande della forza nervosa che
potrebbe darmi il sedativo: ma può darsi che questo fatto abbia cause soggettive, che
non voglio includere nei miei calcoli. Certo è che l involucro rappresenta un valore
ben più grande del contenuto e che il prezzo per le venticinque pillole giallognole non
sta in alcun rapporto con il loro valore. Ma queste sono considerazioni che rasentano
la morale ed io voglio assolutamente astenermi dalla morale.
Il piano su cui si svolgono le mie speculazioni è puramente economico.
Numerosi oggetti attendono di essere da me scartati, molti foglietti aspettano di
essere utilizzati: inchiostro verde, rosso, blu, è tutto pronto. Di solito si fa tardi prima
che vada a letto e quando mi addormento mi perseguitano le formule, su di me roto-
lano interi mondi di carta inutile; alcune formule esplodono come dinamite, il rumore
dell esplosione risuona come una grande risata: è la mia risata sulla battuta del
generale von Schlieffen, nata dalla paura di fronte all impiegato dell amministra-
zione. Forse egli ha libero ingresso al casellario: ha cercato la mia fedina, ha scoperto
che contiene non solo il timbro malato di mente ma anche il secondo, più pericolo-
so di asociale . Niente è più difficile da cancellare che un timbro così piccolo in una
fedina.
È possibile che la mia risata per la spiritosa battuta del generale von Schlieffen sia
il prezzo della mia anonimità.
Non mi piacerebbe ammettere a voce quanto per iscritto mi riesce più facile: che la
mia professione è quella del cestinatore.
La pecora nera
Pare che sia io il predestinato a far sì che nella mia generazione non venga inter-
rotta la catena genetica delle pecore nere.
Una ce ne deve essere, e quell una sono io. I saggi membri della nostra famiglia
affermano che l influsso esercitato su di me dallo zio Otto non è stato buono. Lo zio
Otto era la pecora nera della generazione precedente ed anche mio padrino di batte-
simo.
Qualcuno doveva pur essere e quell uno era lui. Naturalmente lo avevano scelto
come padrino prima di sapere che sarebbe diventato un fallito; anche me, me hanno
scelto come padrino di un ragazzino che ora ora che mi si ritiene la pecora nera è
timorosamente tenuto lontano da me. In fondo ci dovrebbero essere grati, perché una
famiglia che non ha pecore nere, non è una famiglia caratteristica.
La mia amicizia con lo zio Otto cominciò presto: veniva spesso da noi, portava più
dolci di quanto mio padre ritenesse giusto, parlava, parlava e finiva sempre in un
tentativo di chiedere soldi in prestito. Lo zio Otto era un ben informato, non c era
campo in cui non fosse ferratissimo: sociologia, letteratura, musica, architettura,
tutto; e realmente sapeva tutto. Persino competenti e specialisti in quelle materie con-
versavano volentieri con lui, lo trovavano intelligente, stimolante, straordinariamente
simpatico, finché non li snebbiava lo choc della richiesta del denaro, che seguiva.
Perché questo era il terrificante; non infuriava solo nella parentela, ma tendeva i
suoi trabocchetti anche là, ovunque gli pareva valesse la pena. Tutti erano del parere
che potesse trasformare in denaro il suo sapere così si diceva nella generazione
passata ma lui non trasformava in denaro quello che sapeva, lui trasformava in
denaro i nervi dei parenti.
Resta il suo segreto come mai riuscisse a dare l impressione che quel giorno non
l avrebbe fatto. Ma lo faceva lo stesso. Regolarmente. Inesorabilmente. Credo che
fosse più forte di lui rinunciare ad una occasione. I suoi discorsi erano affascinanti,
così ricchi di vera passione, sottilmente costruiti, brillanti e spiritosi, annientavano gli
antagonisti, elevavano gli amici; egli sapeva parlare troppo bene perché si potesse
credere che dovesse arrivare a... e invece ci arrivava. Sapeva come si curano i
neonati, sebbene non avesse mai avuto bambini, avvolgeva le signore in conversa-
zioni incredibilmente interessanti, sulla dieta o su malattie particolari, proponeva tipi
di cipria, scriveva ricette di pomate su foglietti, regolava la qualità e la quantità delle
loro bevande, insomma sapeva come si trattano le donne: un bambino urlante affidato
a lui, si calmava subito. Qualcosa di magico emanava dalla sua persona. Nella stessa
maniera perfetta analizzava la nona sinfonia di Beethoven, scriveva componimenti
giuridici, citava a memoria i numeri della legge in questione...
Ma sempre, non importa dove e su che argomento fosse stata la conversazione,
quando si avvicinava la fine e arrivava inesorabile il congedo, per lo più nell ingresso
mentre la porta era già socchiusa a metà, ricompariva ancora una volta, con la sua
faccia pallida e i vivaci occhi scuri, e come se fosse qualcosa di assolutamente secon-
dario, mentre l intera famiglia angosciata aspettava, diceva rivolto al capofamiglia:
A proposito, mi potresti... Le somme che chiedeva oscillavano fra uno e 50
marchi. Cinquanta era il massimo; nel corso dei decenni si era creata una specie di
legge sottintesa che non dovesse mai chiedere più di cinquanta marchi. A breve
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